Le educatrici nell’ambientamento al Nido

L’ambientamento al nido è anche l’ambientamento delle educatrici ai nuovi bambini, alle nuove famiglie, alle nuove colleghe di sezione se ce ne sono. Di fronte ai nuovi stimoli e alle nuove richieste ci si può sentire motivate, forti, cariche e positive e si possono anche vivere dei momenti in cui ci si sente impotenti, tristi, stanche, spaventate, dubbiose, incerte.



Nella delicata fase di ambientamento, non è mai solo il singolo bambino ad ambientarsi nel nuovo contesto, ma è il gruppo di bambini che si va via via a costituire e anche le educatrici - e i genitori in un certo modo - rientrano in questo processo generativo.
Ho sentito spesso parlare di come possono agire le educatrici per far stare meglio i bambini, di cosa possono fare per accogliere le famiglie. È raro invece sentir parlare delle educatrici nel processo di ambientamento. Per quanto non si possano fare discorsi troppo generalizzanti, ritengo che ci siano dei punti importanti da tenere in considerazione.
L’educatrice può avere delle aspettative circa i bambini di cui si prenderà cura. Talvolta, le aspettative non coincidono con la realtà, i bambini che arrivano non sono quelli che avevamo immaginato. Una previsione che avevamo fatto circa l’ambientamento di quel bambino può essere disattesa, sia in senso positivo che in negativo, e alcune volte, può essere faticoso e frustrante. Cosa possiamo fare di fronte a questo? Prima di tutto accettare tutte le emozioni che sentiamo.
A volte ho la percezione che la figura dell’educatrice per la prima infanzia sia “connotata” di tante qualità solo positive. Pazienza, gioia, calma, tranquillità.
Le educatrici, come tutte le persone, vivono e possono vivere tutta la gamma delle emozioni ed è giusto dirselo. Dunque, accettare questa frustrazione, parlarne con le colleghe, appuntarsi emozioni e pensieri su un diario personale può essere utile ad elaborarli. Se si è arrivate a livelli di saturazione, si può chiedere alla collega di uscire un attimo dalla sezione. Si può piangere ed essere tristi. Tutto questo non è sbagliato. Significa rimanere umane. E questo è sano e educativo per noi ma anche per i bambini. Il riconoscimento delle proprie e delle altrui emozioni ci fa sentire accolti, accettati e non sbagliati. E questo è sempre utile trasmetterlo anche ai bambini.
Ad esempio, di fronte ad un bambino che piange per la separazione dal genitore, ho osservato con l’esperienza che generalmente, distrarlo dall’emozione che prova, non sempre funziona, ma soprattutto non è utile. Quando il bambino piange in fase di ambientamento solitamente lo fa perché è triste, arrabbiato, frustrato, spaventato.
Compito dell’educatrice è proprio quello di fare da “specchio” rispetto a questi sentimenti ed emozioni. Il distrarre il bambino fin da subito con dei giochi, può essere una soluzione nell’immediato ma non a lungo termine: è importante che il bambino impari a riconoscere cosa prova e cosa fare con quell’emozione. I bambini così piccoli si sentono “invasi” dall’emozione e non sanno ancora dargli un nome. È fondamentale dunque, per noi educatrici e genitori, insegnare loro, innanzitutto, che quello che provano ha un nome, che l’emozione non è mai sbagliata e che noi siamo lì con loro per aiutarli, se lo vorranno.
Dunque, di fronte a un bambino che piange per la mancanza del genitore, potrebbe essere utile dire: “La mamma è andata via e tu piangi forte. La mamma è andata a fare spesa e tornerà dopo che abbiamo fatto la colazione” oppure: “Stai piangendo forte e sembri proprio triste! Lo so, è triste salutare la mamma. La mamma fa la spesa e tornerà dopo che noi abbiamo giocato un pochino”. Queste sono frasi di esempio che ciascuna di noi può fare proprie e riadattare in base all’età del bambino, al momento della giornata, ecc.
I comportamenti importanti che un’educatrice dovrebbe mettere in atto nel relazionarsi ai bambini in fase di ambientamento, sono i seguenti:
▪ Rispecchiare i comportamenti dei bambini, facendone una descrizione, collegando quello che si osserva agli eventi accaduti. Questo permetterà al bambino di elaborare meglio quanto sta succedendo. La narrazione contribuisce attivamente alla costruzione di ricordi e apprendimenti.
▪ Prendersi cura del bambino non solo a parole ma anche e soprattutto con il linguaggio non verbale.
▪ Proporre al bambino un’opportunità di gioco in attesa che torni il genitore, senza che il gioco si sostituisca all’emozione che sente.
▪ Dare il tempo al bambino di elaborare l’emozione e gli avvenimenti con il proprio tempo personale.
▪ Dare a noi, al bambino e alle famiglie il tempo di conoscerci e di co-costruire il rapporto educativo.
▪ Ricordarsi sempre che il bambino in ambientamento è una persona che sta vivendo un momento delicato della sua vita e noi insieme a lui.
L’ambientamento può essere dunque molto faticoso e stancante per le educatrici. I pianti dei bambini, l’ascoltare e rispondere ai bisogni e alle richieste, il dare risposta a dubbi e perplessità dei genitori, possono esporre le educatrici a una grande stanchezza fisica e mentale. Per questi motivi, è importante che le maestre del nido, una volta finito di lavorare, si ritaglino degli spazi e dei tempi in cui ricaricare le energie, in cui rilassarsi e riprendere il contatto con sé stesse.
L’ambientamento al nido è anche l’ambientamento delle educatrici ai nuovi bambini, alle nuove famiglie, alle nuove colleghe di sezione se ce ne sono. Di fronte ai nuovi stimoli e alle nuove richieste ci si può sentire motivate, forti, cariche e positive e si possono anche vivere dei momenti in cui ci si sente impotenti, tristi, stanche, spaventate, dubbiose, incerte: è importante arrivare alla consapevolezza che non esistono sentimenti ed emozioni buoni e cattivi.
Il provare emozioni positive è naturale come il provare emozioni negative. Sentire emozioni negative non fa di me una persona cattiva, come il provare sentimenti positivi non fa di me una persona buona. È necessario imparare a riconoscere le emozioni che proviamo e imparare a saperle gestire nella maniera più funzionale possibile nella situazione del qui ed ora che stiamo vivendo. Non sempre è importante capire il perché le proviamo ma può essere utile il capire “cosa fare” con quelle emozioni. Ognuna di esse è ricca di potenziale che se adoperato al meglio delle nostre possibilità ci permette di essere persone felici nella circostanza e nel ruolo che abitiamo in quel momento.
Se vediamo che da soli non ce la facciamo possiamo chiedere il sostegno di un professionista della relazione di aiuto come un counselor e/o uno psicologo che in base al nostro bisogno e/o problema saprà aiutarci o rinviarci, se necessario, a un altro professionista della relazione di aiuto.

Valentina Buonpane
Educatrice per la prima infanzia, Pedagogista
Counsellor professionista CNCP


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